“Ci conosciamo da una vita eppure sai ancora come sorprendermi”. Se qualcuno ci rivolge questa frase vuol dire che abbiamo colto nel segno. Siamo rilevanti per qualcuno, sappiamo leggere i suoi cambiamenti e suscitare in lui/lei sensazioni positive. L’apporto dell’intelligenza artificiale nelle app che ogni giorno ci accompagnano fra desktop e smartphone può dare un volto umano a web service e API Rest. No, non arriveremo a sistemi operativi sensuali come Her di Spike Jonze o alle distopie di Black Mirror. E non dovremmo temere la ribellione degli automi come in Blade Runner.
Con l’intelligenza artificiale le app prendono vita e assumono le sembianze di oracoli, in grado non solo di rispondere correttamente alle richieste ma di interpretare i comportamenti e sorprendere le persone con suggerimenti su misura. “Come hai fatto a capirlo?” è la domanda che spesso segue l’effetto sorpresa. “Osservo, ricordo, agisco di conseguenza”, risponde l’altro. E così risponderebbe l’intelligenza artificiale, se solo lo sapesse.
App e intelligenza artificiale: amici servizievoli
Siri, Google Assistant e Cortana sono ormai di casa. Ci hanno chiesto una piccola porzione di mensola in cambio di “sempiterna” disponibilità. Per cosa? Qualunque cosa: ricordarci un impegno, fare ricerche su Google, inviare SMS, mettere su un po’ di musica. Ci aiutano a pianificare la giornata, a raggiungere luoghi, persino a scrivere la lista della spesa, il tutto mentre siamo impegnati in ogni genere di faccenda domestica. Oppure, semplicemente, assecondano la nostra pigrizia.
Le persone sono sempre più abituate a usare app senza interfacce grafiche vecchio stampo, ma attraverso la propria voce e il linguaggio naturale. Chi sviluppa oggi non può trascurare questa tendenza.
App e intelligenza artificiale: oracoli saggi
Netflix consiglia film e serie TV con cognizione di causa. Spotify è il commesso di un negozio di vinili più preparato di Rob Fleming di Alta Fedeltà. Facebook indirizza la nostra attenzione sulle persone più vicine e simili a noi. Cosa vuol dire? Che tutte le più grandi applicazioni usano la grande mole di dati a propria disposizione per offrire ad ognuno di noi stimoli per scoprire cose nuove, in linea con le nostre inclinazioni e passioni.
Per le persone, le app sono geni della lampada pronti a soddisfare desideri ancora inespressi, senza neppure sfregare smartphone o telecomandi. Sin dalla fase di progettazione gli sviluppatori devono prevedere dashboard personalizzate in base all’esperienza delle persone.
App e intelligenza artificiale: scaltri compagni di gioco
Quando le consolle di videogiochi fecero il loro ingresso sotto i televisori di casa, un’intera generazione di giocatori ha perlustrato con minuzia i mondi di Super Mario, le piattaforme di DOOM, i vicoli malconci di Silent Hill. Magari hanno sognato di ripetere le gesta di Messi e Ronaldo con un’edizione di FIFA o di Pro Evolution Soccer. Quindi si sono ritrovati su qualche Forum di discussione per scambiarsi trick e avanzare facilmente con mosse per eludere i controlli del gioco.
Un gioco che non impara a trovare in autonomia le contromosse per tenere sulle spine i giocatori è destinato a non essere più eseguito. Chi sviluppa nel mondo del gaming deve rifuggire la prevedibilità delle mosse, emulando la capacità dei personaggi di osservare le tendenze dei giocatori e reagire di conseguenza.
App e intelligenza artificiale: assistenti intelligenti
Siamo abituati alla lettura sequenziale, all’apprendimento standard delle nozioni. L’esplosione della Rete ha permesso a filosofi e sociologi contemporanei – Pierre Lévy e Derrick de Kerckhove – di concretizzare in un artefatto tecnologico i loro concetti di intelligenza collettiva e connettiva. Esiste un sapere diffuso, di cui tutti ci nutriamo inconsciamente. I big data che lasciamo in Rete ad ogni nostro passaggio contribuiscono ad alimentare questo sapere condiviso sotto forma di dati. Più la tecnologia riesce a “far vedere” immagini e “ascoltare” suoni, più quel sapere diffuso può essere veicolato con sistemi sino a qualche anno fa immaginabili sono nei film di fantascienza.
App come Elsa, in grado di assistere le persone nell’apprendimento dell’inglese, Seek, un’enciclopedia della natura che rivela le specie animali e vegetali di qualunque essere vivente tramite il semplice uso della fotocamera, o Google Lens, capace di associare un’immagine a qualunque aspetto dello scibile umano, sfruttano a pieno l’enorme mole di dati ormai disponibile in rete per avvicinare le persone alla conoscenza. La sfida per chi sviluppa ad alto livello, oggi, è proprio questa: non asservire le persone alle tecnologie ma lavorare duro affinché gli esseri umani possano accedere alla conoscenza nel modo più smart possibile. E chissà, occupare il tempo risparmiato sui libri per immaginare e creare nuove, avveniristiche connessioni.